Cara Antonella,
grazie mille intanto anche solo per avere letto e per il riscontro. Ti do del tu. Apprezzo davvero tanto i suggerimenti che mi hai dato e ne farò tesoro sia per questo progetto che per i miei prossimi lavori, cercando di tenerli a mente.
Ti rispondo sui punti cercando di farti comprendere il mio punto di vista (più o meno cosa avevo in mente), anche per potere io cercare di rielaborare le idee.
1. Hai ragione, in effetti ho sbagliato a partire col presupposto che dovessi improntare tutto sui dialoghi. Probabilmente c'è molta più teoria, non vorrei dire "filosofia" ma qualcosa del genere, in misura maggiore rispetto alla prassi, che va un po' a smontare tutto il ritmo; qualcosa per cui volutamente ho messo in primo piano monologhi lunghi (probabilmente anche noiosi o ripetitivi); forse per incapacità di esprimere per immagini oppure per volontà di dare un sentimento legato proprio al dialogo. Rifletterò sui consigli che mi hai dato e cercherò di migliorare alcuni aspetti.
2. Stessa cosa del punto precedente. Meno dialoghi farraginosi e più "azione": in particolare questa scena non viene compresa quasi da nessuno. L'intento era mostrare un docente abbastanza "rivoluzionario", inteso in senso lato. Dovevano emergere anche altri aspetti del carattere suo, come la creatività. Un po' per presentare il personaggio.
3 + 4. Ti dirò la verità: il suo personaggio mi è nato dalla lettura di un libro fotografico (che tra l'altro ti consiglio) chiamato "Io sono persona", in cui c'erano queste forti foto di uomini che mostravano le mani, appunto, per la scabbia. Successivamente ho pensato al clima d'odio che respiriamo in quest'epoca, e cercando nella cronaca e in alcuni studi sulla solitudine sono arrivato a un caso abbastanza famoso avvenuto a San Diego, identico a quello della mia protagonista (è un po' un omaggio a tutti quest* ragazz* ed esseri umani dimenticati): un uomo che aggredisce su un mezzo pubblico per il solo fatto che stesse parlando arabo. E nel frattempo ci ho inserito il tema dell'indifferenza, a me caro. Poi sono circondato da attivisti e pertanto sono venuto a sapere di un'associazione chiamata "refugees-welcome", che effettivamente permette, chiaramente dietro un lungo processo, di ospitare un rifugiato in casa propria. Quindi sicuramente è un lungo processo, ma l'intento era mostrare il "primo anello". Probabilmente devo rafforzare il punto di vista legale, nel senso di renderlo chiaramente ed effettivamente visibile, per evitare di cadere nell'inverosimile.
Grazie mille ancora una volta sia di avere letto ma anche dei preziosi consigli. Il manuale di Claudio Dedola mi aspettava sul Kindle ma non ho ancora messo mano, recupererò presto!
Rolando