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Moderatore: Moderatori

#1276385
Eh beh, l'era dei manuali è iniziata :-)
Anche se, per quel che sto leggendo adesso di Truby, un manuale è sempre qualcosa che incasella e metodizza, ma la creatività umana non si può incastrare più di tanto nella concettualizzazione. Anche perché un manuale non può essere considerato il vangelo.

Passi sui quali non posso concordare:

«American Beauty non si caratterizza pienamente né come tragedia né come black comedy né come satira» (lo dice come un limite del film, invece sta proprio in questo la sua eccellenza).

«"Indovina chi viene a cena?" e "Gandhi" sono pedanti, didascalici, moraleggianti, pesanti, opprimenti, maldestri, perché i principi morali finiscono per prendere il sopravvento e i personaggi appaiono come i portavoce dell'autore».

«Nel *film d'azione* (!!!!) Guerre Stellari, Lucas opera una fusione dei principi morali occidentali e orientali (mah)... proponendo un principio morale noto come la Forza. Si tratta di un'argomentazione morale di livello decisamente inferiore, ma la brevità del messaggio ha garantito al film un certo richiamo universale».

Comunque mi sono fatta l'idea che Truby proponga un metodo per fare film drammatici in stile classico, moltissimi film sono costruiti in maniera diversissima.
#1276386
Ovviamente se riesco a stendere una buona sceneggiatura voglio filmarla, ma le parole di Pasolini mi hanno fatto capire, che si tratta di un'opera a sé stante, che richiede cura e lavoro, non un mucchio di pagine da passare ad un fantomatico regista: due sono gli autori del film. Chi lo scrive e chi lo filma. Meglio se sono la stessa persona. IMHO
In realtà ci sono due modi molto diversi di considerare il lavoro dello sceneggiatore. Esiste un contesto produttivo in cui lo sceneggiatore è semplicemente un lavorante: il produttore gli passa un soggetto o un trattamento e lui deve stendere "un mucchio di pagine" appunto, elencando scene e azioni; a volte neanche i dialoghi, un tempo i dialoghi venivano affidati al dialoghista. Una catena di montaggio, insomma. Eppure ne uscivano bei film, era un modo per fare film utilizzando le varie competenze. Oppure il lavoro dello sceneggiatore può essere considerato creativo, artistico: il film è tutto nella sceneggiatura, sfumature, ritmo, descrizioni dettagliate... In questo senso lo sceneggiatore è ben l'autore della storia, anche se l'autore del film viene considerato il regista (mentre spesso è il produttore). Questo secondo metodo chiaramente è più attraente, ma ho l'impressione che non sia molto ben visto dai produttori, infatti poi capita che chi "parte" dalla sceneggiatura se la debba girare da solo. Correggetemi se sbaglio.
da maredinemo1
#1276389
Ovviamente se riesco a stendere una buona sceneggiatura voglio filmarla, ma le parole di Pasolini mi hanno fatto capire, che si tratta di un'opera a sé stante, che richiede cura e lavoro, non un mucchio di pagine da passare ad un fantomatico regista: due sono gli autori del film. Chi lo scrive e chi lo filma. Meglio se sono la stessa persona. IMHO
In realtà ci sono due modi molto diversi di considerare il lavoro dello sceneggiatore. Esiste un contesto produttivo in cui lo sceneggiatore è semplicemente un lavorante: il produttore gli passa un soggetto o un trattamento e lui deve stendere "un mucchio di pagine" appunto, elencando scene e azioni; a volte neanche i dialoghi, un tempo i dialoghi venivano affidati al dialoghista. Una catena di montaggio, insomma. Eppure ne uscivano bei film, era un modo per fare film utilizzando le varie competenze. Oppure il lavoro dello sceneggiatore può essere considerato creativo, artistico: il film è tutto nella sceneggiatura, sfumature, ritmo, descrizioni dettagliate... In questo senso lo sceneggiatore è ben l'autore della storia, anche se l'autore del film viene considerato il regista (mentre spesso è il produttore). Questo secondo metodo chiaramente è più attraente, ma ho l'impressione che non sia molto ben visto dai produttori, infatti poi capita che chi "parte" dalla sceneggiatura se la debba girare da solo. Correggetemi se sbaglio.


hai scritto cose molto sensate, perchè fai delle precise differenze che onestamente mi schiariscono le idee. Il primo metodo di lavorare ad una sceneggiatura mi sembra di riconoscerlo (dalle interviste che ho letto o visto) anche nei neorealisti e negli autori della commedia all'italiana( Vincenzoni, Suso Cecchi D'amico, Monicelli, Age e Scarpelli, ecc.) e probabilmente è il più conveniente e commerciale. Si fanno anche bei film così è vero. Io nella mia miseria (ma credo tutti i registi di film d'autore.....e io povero me non sono neanche questo) preferisco scrivere una sceneggiatura curata, che mi dia veramente la soddisfazione di aver scritto un film, tanto con pochi soldi poi me lo filmo con un piccolo gruppo di persone: è questo il mio intento. Sono più realista, ma anche più sperimentatore, e sinceramente mi sto divertendo.

p.s. Antonella sono a pag 73 della sceneggiatura e ho preso molti appunti. Appena finisco e ho tempo ti scrivo un paio di post con i commenti. Ciao
da maredinemo1
#1276481
Ciao Antonella. Ho finito di leggere l'ultima stesura della tua sceneggiatura. Premetto che ovviamente sei tu a prendere in considerazione i miei commenti e le miei critiche, a filtrarli e a trarne eventualmente giovamento. Ti capisco perfettamente, in quanto mi sono comportato allo stesso modo con dei miei spettacoli teatrali.

Mi organizzo in questo modo nello scriverti. Questo primo post è un commento generale alla sceneggiatura, poi scriverò un secondo post col quale puntualizzo quelli che, secondo me, sono sono errori particolari. In fine scriverò un ultimo post dove ti espongo il paradigma di un film famoso (Syd Field), che forse ti può aiutare a capire come un intreccio va strutturato per essere cinematografico.

Spero di non essere troppo antipatico rivestendo questo ruolo del professorino, ma d'altronde sei stata tu a chiedere consigli aprendo il topic e poi, ripeto, sei tu che filtri tutto e hai l'ultima parola. Cosa che accetto di buon grado.

L'errore più grave della sceneggiatura sta nel fatto che è ancora una via di mezzo tra una narrazione che potrebbe avvenire per mezzo di un piccolo racconto fiabesco, e una narrazione che si presta veramente ad essere narrata per immagini: ci sono alcuni punti della trama però che hanno una certa cinematograficità:

- i fuochi fatui che si fanno trasportare sull'altra sponda del fiume da Argus
- il primo dialogo nel giardino tra i fuochi e la principessa Leila
- la sequenza in cui i fuochi fatui sono incaricati di avvertire Benjamin, non lo trovano e poi questi compare all'improvviso sotto l'arco del giardino della principessa: le scene (comprese quelle di Philine) sono montate molto bene ed è l'unico punto in cui si crea veramente tensione drammatica e mi immagino il film.
In questi punti della sceneggiatura avverto un pò dell'atmosfera magica che vorresti infondere, e il gran merito è dovuto ai personaggi dei fuochi fatui, quelli riusciti meglio, per carattere e dialoghi. Sono divertenti e credibili.

Un altro errore, secondo me, è da rintracciare nel tema del film: mi sembra di capire che la morale che vuoi proporre tragga ispirazione da quella evangelica. Il problema è che il tuo approccio è molto diretto. Con una favola, vuoi moralizzare lo spettatore. Lo trovo noioso e pedante: lo spettatore è facile che si inalberi.
Secondo me, andrebbe meglio un approccio indiretto, una variante, qualcosa che distragga lo spettatore sul vero messaggio. Quindi un approccio, per fare un esempio, più divertente o grottesco, anche più crudele.

La storia continua ad essere misera. In fondo si può sintetizzare dicendo che il principe Cullen muore a causa di Leila e gli altri personaggi cercano di resuscitarlo, ci riescono e questo porta all'avvento di un nuovo regno: ma è una sinossi?
E' l'azione che è risicata. Intendo l'azione in senso ampio, aristotelico: nella tua sceneggiatura non riesco a leggere qualcosa che inizia, si sviluppa, e finisce.

Le modifiche che hai apportato rendono la trama più comprensibile e i dialoghi più gradevoli, ma finisci per fare piccole riparazioni, a qualcosa che va riscritto al 50%.

segue
#1276492
Spero di non essere troppo antipatico rivestendo questo ruolo del professorino
Stai scherzando? Stai facendo un'opera benemerita e ti assicuro che sono ben poche le persone disposte a dedicare tanto tempo all'opera di un'altra persona! Ti ringrazio tantissimo!

Un altro errore, secondo me, è da rintracciare nel tema del film: mi sembra di capire che la morale che vuoi proporre tragga ispirazione da quella evangelica. Il problema è che il tuo approccio è molto diretto. Con una favola, vuoi moralizzare lo spettatore. Lo trovo noioso e pedante: lo spettatore è facile che si inalberi. Secondo me, andrebbe meglio un approccio indiretto, una variante, qualcosa che distragga lo spettatore sul vero messaggio. Quindi un approccio, per fare un esempio, più divertente o grottesco, anche più crudele.
Bene... anche Truby spiega appunto che il tema morale, qualsiasi esso sia, debba essere trasmesso non tramite i personaggi "che parlano", ma tramite le azioni. Tu dici in maniera indiretta appunto... Quello a cui penso è anche un coinvolgimento degli spettatori sull'argomento *se sia più fondante l'amore o l'umiltà*, cioè quello che immagino è che dopo aver visto il film ne discutano. Il target sono gli adolescenti, lo scopo ovviamente è appassionarli e, perché no, fidelizzarli (non dico un sequel, ma magari un fandom). Il film a dire il vero mi sembra già abbastanza grottesco, di divertente ho messo alcune situazioni e personaggi, ma in effetti la crudeltà potrebbe essere un'opzione; non vorrei però che la crudeltà cozzasse con il profilo grottesco, di solito la crudeltà è una cosa seria. Comunque questi input naturalmente li devo elaborare e un po' ruminare...

Mi colpisce che tu abbia definito i personaggi meglio definiti i fuochi fatui, che nell'azione sono abbastanza secondari. Questo mi fa pensare che gli altri personaggi non siano affatto a tutto tondo!

La storia continua ad essere misera. In fondo si può sintetizzare dicendo che il principe Cullen muore a causa di Leila e gli altri personaggi cercano di resuscitarlo, ci riescono e questo porta all'avvento di un nuovo regno: ma è una sinossi? E' l'azione che è risicata. Intendo l'azione in senso ampio, aristotelico: nella tua sceneggiatura non riesco a leggere qualcosa che inizia, si sviluppa, e finisce.
Beh, è vero, che dire? Succede poco, dovrebbe esserci più azione. La storia tuttavia è pensata per iniziare "già iniziata", diciamo così: è successo qualcosa in precedenza, tutti lo sanno, è una situazione stabile: l'inizio del cambiamento sta nell'illuminazione del tempio, questo evidentemente non si capisce. Forse si potrebbe inserire un prologo FC come nella Bella e la Bestia e nel Signore degli Anelli.
da maredinemo1
#1276495
- Uso anomalo della dissolvenza, che nel linguaggio cinematografico dovrebbe segnare una piccola fine, una pausa, mentre nella sceneggiatura talvolta interrompe la continuità dell'azione:
Es. I fuochi fatui corrono nella radura - dissolvenza - Severus li guarda in lontananza.

- il fatto che Argus non possa traghettare i fuochi fatui sull'altra sponda del fiume (scena 14), non andrebbe chiarito meglio? (forse può funzionare anche così)

- nelle descrizioni tal volta ti sei riferita a monumenti o luoghi reali (es. Pantheon di Roma), non è un errore? Chi non li conosce non comprende la tua descrizione, che deve invece avere carattere generale.

- Philine dice di aver promesso ai fuochi di saldare il loro debito con il fiume. Perchè? non c'è motivo. Benjamin da il suo benestare perchè ritiene che i due ritorneranno utili. Cosa ne sa? Dal prosequi della storia non sembra affatto: questa scena più di tutte continua ad essere quella più macchinosa di tutte, il cui scopo e giustificare e collegare i fatti che avverranno

- Non ci sono troppe panoramiche dall'alto? Non si può fare meglio per lo stile visivo del film?

- Per quale motivo il principe Cullen dovrebbe aspettare sul molo Philine mentre parla con Argus? Perchè non si è già incamminato?

- il ragionamento di Argus per essere pagato in verdure da Philine (pag. 27) mi sembra ancora contorto. perchè Argus non paga il fiume, si tiene una quantità di ogni ortaggio per se e poi dice a Philine che è debitrice verso di lui? Perchè credo che devi costruire la situazione del debito di Philine (buona trovata), ma per farlo, secondo me, devi escludere la possibilità di un debito verso Argus: deve essere tutto più chiaro.

- Non è un errore che Lilie conosca già Philine quando nella sceneggiatura si incontrano nel giardino?

- Lilie mostra a Philine come gli alberi del giardino sono cresciuti in brevissimo tempo, nel farlo si allontana da lei, ma continua a parlare a voce normale. Dovrebbe urlare quantomeno, poi all'improvviso dopo essersi allontanata tanto le compare vicino.

- Mi puoi spiegare meglio l'uscita di scena di Philine dal giardino della principessa Lilie?

- tutti i personaggi sembrano conoscersi tra loro quasi fin da subito. Non è possibile che l'autore ha commesso questo errore perchè è lui a conoscerli tutti in quanto li ha creati? Non è il caso di valorizzare e approfondire singoli rapporti? i personaggi stanno un pò troppo insieme, come se non riuscissero a vivere di vita propria, ma abbisognano di movimenti corali per esistere. Comunque in generale i personaggi sono un pò piatti. Tranne, ripeto, i fuochi fatui, quelli meglio riusciti. Dovresti fare un un lavoro di ricerca su ogniuno di loro per dargli spessore e farli sollevare dalla carta

- a pag. 50, la scena di Philine e Argus non è pretestuosa?

- I dialoghi tra Cullen e Leila al primo incontro sono un pò melensi, mentre in generale la gradevolezza dei dialoghi è una delle cose che è migliorata di più dalla versione di 56 pag. a questa.

- Perchè i fuochi fatui aiutano Philine nel tentativo di salvare Cullen? Perchè avevano promesso di sdebitarsi con lei la prima volta che la incontrano e la maltrattano: è per questo che considero tutta quella scena pretestuosa. Questi come altri, sono solo espedienti gratuiti che servono a far quadrare i conti, ma non avranno mai la qualità e la tensione della vera azione cinematografica dove i fatti sono incatenati coerentemente tra loro e lo sviluppo dell'intreccio è logico e consequenziale. Se ti affidi a queste facili soluzioni rischi di scrivere qualcosa di fiacco.

- il dialogo tra i fuochi fatui e Leila è bello e gradevole

- Non capisco la scena in cui Philine entra a casa di Argus, che scopo ha nella sceneggiatura? (pag. 65)

segue
Ultima modifica di maredinemo1 il mar, 20 giu 2017 - 22:57, modificato 1 volta in totale.
da maredinemo1
#1276496
- nella descrizione non si capisce che Severus si è trasformato nel ponte. Va specificato meglio, secondo me.

- la descrizione minuziosa delle azioni dei personaggi mi sembra eccessiva e rende di difficile lettura lo script: anche con la scrittura dei paragrafi e dei dialoghi si può perseguire, dicono, lo stile e il ritmo del film

- la sequenza del tempio che emerge dalla profondità della terra è suggestiva e anche cinematografica

- il corteo funebre nella notte pure è suggestivo e pare funzionare meglio di altre cose

- buona la metafora del ponte per rappresentare l'avvenuta fratellanza tra gli uomini, e buona pure la sequenza dei Re che si alzano a simboleggiare i valori della nuova comunità umana

- Perchè lo sparviero ha uno specchio tra gli artigli?

Con questo finisco il secondo tipo di post. Come ti avevo scritto. Poi con calma ti scrivo il terzo e ultimo.
da maredinemo1
#1276498
cerco di descriverti il paradigma, cioè la struttura del film secondo il metodo di Syd Field ( quello che mi è ritornato più utile per praticità e la cui lettura ti consiglio caldamente)

Ho segnato a che minuto ci sono i colpi di scena e così via. Se ci fai caso la struttura ricalca il principio dell'unità di azione di Aristotele (inizio- sviluppo-fine), ed è arricchita delle ricerche ed intuizioni di Field.
Si tratta di un semplice schema che ti permette di prendere una direzione e sviluppare correttamente la storia: potremmo dire l'anima dell'intreccio.
Se riesci a procurartelo guardati il film.

Prendo ad esempio il dottor stranamore di Stanley Kubrick:

I ATTO (inizio e impostazione)
siamo in piena guerra fredda il rischio di un conflitto atomico è quanto mai reale. Il mondo è in apprensione e angoscia.

alla fine del primo atto, il primo colpo di scena: Il generale Ripper ha dato l'ordine, scavalcando il presidente, di attaccare l'unione sovietica con le armi nucleari per una fantomatica rappresaglia: l'ordine è illegittimo. Ripper è impazzito (20'-21')

II ATTO (sviluppo e confronto)

Il presidente degli stati uniti d'america viene frustrato in tutti i sui tentativi di richiamare i bombardieri B-52.
Arriviamo a meta del secondo atto, il c.d. punto centrale (P.C.), che si trova all'incirca a metà del film, e che rappresenta un punto di svolta dell'azione, infatti il presidente telefona al primo ministro russo per fornire loro le coordinate dei bombardieri e per farglieli abbattere: a mali estremi estremi rimedi (40'- 41')

l'azione del film continua a sviluppasi fino al secondo colpo di scena che si trova alla fine del secondo atto: è stato trovato in tempo il codice per richiamare gli aerei alla base e che Ripper non ha voluto confessare, suicidandosi. Alcuni aerei sono stati comunque abbattuti, ma uno manca all'appello col rischio di vanificare tutto e di scatenare comunque la rappresaglia nucleare sovietica (71'- 72')

III ATTO ( fine, risoluzione)

Il bombardiere mancante all'appello riesce nello scopo di colpire il suo bersaglio, tutti i tentativi di evitare la distruzione nucleare di massa falliscono: è la guerra atomica!!

NOTA: a proposito di come far passare il tema. A leggere questo schema sembra un film tragico e cupo, invece è comico e satirico. Vedilo ti fai un sacco di risate. Il genio di Kubrick sta proprio nell'abilità di analizzare l'angoscia reale negli anni '60, circa lo scoppio di una guerra atomica, senza impaurire lo spettatore, ma aggirando le sue resistenze con una commedia nera....FACENDOLO RIDERE!!
Ultima modifica di maredinemo1 il mer, 21 giu 2017 - 00:35, modificato 2 volte in totale.
da maredinemo1
#1276499
Beh, è vero, che dire? Succede poco, dovrebbe esserci più azione. La storia tuttavia è pensata per iniziare "già iniziata", diciamo così: è successo qualcosa in precedenza, tutti lo sanno


mi permetto, ma non è che corri così il rischio di non dare un pezzo della trama allo spettatore, col rischio di non fargli capire niente? Questo senso di mistero, curiosità e riflessione che vuoi indurre negli adolescenti, non dovresti cercarlo in altri modi? Provaci se ti va. Penso a qualcosa di nuovo. IMHO
#1276500
cerco di descriverti il paradigma, cioè la struttura del film secondo il metodo di Syd Field (quello che mi è ritornato più utile per praticità e la cui lettura ti consiglio caldamente)
Il manuale di Field ho in programma di leggerlo. Il film lo conosco bene, mi piace molto :-) La struttura in tre atti, con relativi colpi di scena, avevo già deciso di non seguirla, non mi ci trovo.

La storia è pensata per iniziare "già iniziata", diciamo così: è successo qualcosa in precedenza, tutti lo sanno
Mi permetto, ma non è che corri così il rischio di non dare un pezzo della trama allo spettatore, col rischio di non fargli capire niente? Questo senso di mistero, curiosità e riflessione che vuoi indurre negli adolescenti, non dovresti cercarlo in altri modi? Provaci se ti va. Penso a qualcosa di nuovo. IMHO
Infatti è un rischio. Spero, limando la storia sempre meglio, di evitare questo rischio, altrimenti dovrò modificare la storia in maniera sostanziale, inscenando tutto l'antefatto.
da maredinemo1
#1276504
cerco di descriverti il paradigma, cioè la struttura del film secondo il metodo di Syd Field (quello che mi è ritornato più utile per praticità e la cui lettura ti consiglio caldamente)
Il manuale di Field ho in programma di leggerlo. Il film lo conosco bene, mi piace molto :-) La struttura in tre atti, con relativi colpi di scena, avevo già deciso di non seguirla, non mi ci trovo.


per curiosità, se non segui la struttura dei tre atti, liberissima di farlo, come hai deciso di orientarti. Mi interessa saperlo, se me lo vuoi dire, perchè casomai vengo a conoscenza di altri concetti e modi di procedere che mi possono tornare utili. Ciao
#1276589
Non voglio strutturare il film, preferisco scrivere le scene mano mano che mi vengono in mente. Lo so che una qualche forma di struttura è ritenuta necessaria... magari ci penserò più tardi. Comunque mi sembra più adeguata la struttura suggerita da Dedola, le 180 pagine mi sembra; poi me la vado a riguardare e te lo dico meglio. Inoltre non voglio legare le pagine all'eventuale struttura; ho letto i deliri più assurdi riguardo le pagine, e l'impaginazione in ogni caso muta da celtx a pdf; dovrei scrivere in celtx pensando in pdf!... Alla fine più che un lavoro creativo diventa come dipingere una parete a strisce millimetriche.

Mi chiedo sempre se gli sceneggiatori del passato si preoccupassero delle pagine in cui inserire le svolte. È anche vero che a chi ha il "mestiere" certe cose vengono naturali. Leggendo Truby, a dire il vero, ho l'impressione che la struttura la deduca lui dal film, piuttosto che descrivere come si è regolato lo sceneggiatore, cioè quello che la sceneggiatura l'ha scritta.
da maredinemo1
#1276605
Non voglio strutturare il film, preferisco scrivere le scene mano mano che mi vengono in mente. Lo so che una qualche forma di struttura è ritenuta necessaria... magari ci penserò più tardi. Comunque mi sembra più adeguata la struttura suggerita da Dedola, le 180 pagine mi sembra; poi me la vado a riguardare e te lo dico meglio. Inoltre non voglio legare le pagine all'eventuale struttura; ho letto i deliri più assurdi riguardo le pagine, e l'impaginazione in ogni caso muta da celtx a pdf; dovrei scrivere in celtx pensando in pdf!... Alla fine più che un lavoro creativo diventa come dipingere una parete a strisce millimetriche.

Mi chiedo sempre se gli sceneggiatori del passato si preoccupassero delle pagine in cui inserire le svolte. È anche vero che a chi ha il "mestiere" certe cose vengono naturali. Leggendo Truby, a dire il vero, ho l'impressione che la struttura la deduca lui dal film, piuttosto che descrivere come si è regolato lo sceneggiatore, cioè quello che la sceneggiatura l'ha scritta.


Antonella, tu sei padrona di fare quello che vuoi con la tua sceneggiatura. Fai attenzione che, secondo me, Dedola si ispira ampiamente a Syd Field, che negli anni' 70, credo partendo proprio dalla lettura della Poetica di Aristotele, e dalla sua esperienza professionale ha iniziato a parlare di una struttura della sceneggiatura. Senza offese per Dedola, che qualche consiglio utile lo da pure, il suo manuale è roba di seconda mano.

Io penso che è uno strumento artigianale a tua disposizione che puoi usare come meglio credi. Un ferro del mestiere, che non ti vincola, ma essendo flessibile, può liberare la tua creatività evitandoti di scrivere cose senza nervo.

Eduardo de Filippo da grande drammaturgo era perfettamente consapevole delle svolte: scriveva anche lui in tre atti. la durata degli atti diminuisce al passare dal primo all'ultimo, credo per aumentare la tensione, e alla fine dei primi due atti inserisce sempre quella che lui chiama una scena di ponte: segue anche lui, se pure nell'ambito della sua tradizione e del suo mestiere, il principio di unità di azione di Aristotele.
Anche lui faceva la scaletta per poi scrivere i dialoghi.
Sono cose che nella vecchiaia, da senatore a vita provò ad insegnare ai giovani all'università di Firenze e di Roma (Lezioni di teatro, di E. de Filippo - ed. Einaudi)

Hai visto il film sullo sceneggiatore Dalton Trumbo?

No. come si chiama? Provo a cercarlo e lo vedo con piacere......casomai provo a fare il paradigma :lol:
Ultima modifica di maredinemo1 il mer, 21 giu 2017 - 16:24, modificato 1 volta in totale.
da maredinemo1
#1276608
Leggendo Truby, a dire il vero, ho l'impressione che la struttura la deduca lui dal film, piuttosto che descrivere come si è regolato lo sceneggiatore, cioè quello che la sceneggiatura l'ha scritta.


Guarda me lo sono chiesto anche io leggendo le teorie di Field, cioè se il paradigma esiste veramente o è solo una sua deduzione, quindi una sua invenzione fondamentalmente.
Mi sono inizialmente risposto che la domanda è oziosa, perchè in ogni caso vedevo il paradigma funzionare, mentre scrivevo la mia modesta sceneggiatura.

Ora scrivendoti e collegando meglio il tutto con la poetica di Aristotele, mi sono convinto maggiormente dell'esistenza e dell'utilizzo di principi universali per drammatizzare un'azione, fossero pure dedotti semplicemente dalle migliori tragedie greche di 2500 anni fa.
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