Titolo: La dolce [CUT].
Sottotitolo: "Lasciamo stare Fellini che si ribalterebbe nella tomba".
Ridicoli i dialoghi troppo scritti, didascalici ed enfatici, squallidi e derivativi i personaggi tipo l'artista che prende di testa i muri (mi ha ricordato la pittrice che scaricava la vernice con la vagina di The Big Lebowsky senza farmi ridere) e peggio ancora la bambina con i secchi di colore dai risultati molto improbabili. Scontata e banale la volgarità nelle battute della direttrice nana; inadatte al personaggio quelle su Facebook di Isabella Ferrari: ma cosa vuoi che una di cinquant'anni si metta nuda su Facebook... E i due ragazzi che si sono conosciuti all'universitá e da dieci giorni limonano ininterrottamente? Cosa vuoi per la tua festa di divorzio? Un solo grande regalo: che finissero le guerre in Medioriente. Ma [CUT].
Il film è brutto e cura la fotografia, il montaggio ed il colour grading nella stessa forma del video musicale che però fa da corollario alla performance degli artisti mentre qui manca il contenuto: non c'è arco narrativo, convolgimento e nemmeno storia. C'è l'introduzione ma non l'ingaggio, la crescita, il climax ed il disimpegno finale. E' vero che i film possono essere anche di background, vedi alcuni capolavori di Antonioni, raccontare l'atmosfera, il flusso emozionale, ma non è davvero questo il caso. In più dura la (grande) bellezza di due ore e quindici minuti di noia mortale.
La fotografia è buona, non ottima od eccellente. Del tipo che io definisco lucidato in superficie, con molte ombre (Low Key) ma inferiore, nel genere, a quella del Villaggio di cartone di Ermanno Olmi che con il film di Sorrentino condivide i tempi biblici da cosa vecchia per vecchi. La macchina sempre in movimento nelle sequenze di raccordo mi piace ma l'articolazione è elementare ed il movimento eccessivo, guardate la complessità in Viridiana di Buñuel o l'impercettibilità in The Broken Circle Breakdown (il mio preferito fra le nomination 2014 per il miglior film straniero) e capirete cosa intendo, mentre la colonna corale su intermezzi lenti con piscina l'ho già vista in Jack Goes Boating del 2010.
E' stato criticato Verdone ed applaudita la Ferilli. Per me Verdone esce bene dal se stesso noto, esce nei limiti della voce che non può cambiare, mentre la Ferilli aspira a fare la Magnani del duemila-e-quattordici ma sembra piuttosto una foca sul triclivio.
La sociologia dei personaggi estrapolati dal film non influisce sul giudizio del medesimo ma verrebbe da dire che i figli i figli della Roma mondana anni sessanta non potevano ch'esser così. Il film di Sorrentino vorrebbe narrarne la vita mezzo secolo dopo "La dolce vita" di Fellini ma non ci riesce perché è fatto male. Si vede il tentativo di compiacere una certa lobby americana cui è rimasta nel cuore: quella che ha fatto 9 1/2 con la mummia della Loren inquadrata a quaranta metri di distanza.
I film possono essere fatti in molti modi, più quelli che non sono ancora stati trovati, e tuttavia ci sono regole universali obbligatorie comuni a tutte le forme espressive. Sono come puzzle: ogni pezzo è portante, strutturale ma basta che ne manchi qualcuno perché diventi necessario l'uso della colla che hai voglia se si vede. Va bene quando si regge da solo perché le sue componenti sono (magari fortuitamente ma sono) giustamente bilanciate ed il risultato supera il valore dei singoli addenti: li moltiplica.
La Grande Bellezza è lento, farraginoso, ruvido e non c'è equilibrio fra le sue parti; perché le scene descrittive si alternano a quelle metaforiche in modo discutibile. Perché il film vorrebbe essere psicologico ma è formalmente pesante, con uno stile grafico grave che attira troppa attenzione per un film che dovrebbe evidenziare il lato emozionale dei personaggi e quindi stare un passo dietro. Problema può esser visto anche al rovescio: come insufficienza della storia x l'ambientazione x i personaggi cui fa aggio lo stile tetro e tombale della fotografia.
Trovare l'equilibrio è la cosa più difficile in assoluto ma anche la più importante nella realizzazione di un'opera cinematografica. C'è un po di tutto: La nana, la bambina costretta ad esibire la propria arte sempre molto graficamente e con inquadrature, luci macabre, apocalittiche. C'è quello che si fotografa tutti i giorni da solo; sembra un minestrone in cui sia stata buttata indiscriminatamente tutta la lista degli ingredienti che tradizionalmente fanno parte della cucina americana. Tuttavia il piatto è indigesto; gli ingredienti non si integrano ed il condimento è sbagliato.
Può darsi che lo spettatore tipico non consideri il rapporto fra scene di narrazione e scene metaforiche (peso e tipologia) o quello fra il soggetto / sceneggiatura e le inquadrature / luce / movimenti di macchina (stile) in funzione dei primi. Che non sappia quali ingredienti siano stati buttati nel minestrone, se la suora che fa il Botox alle mani o Belfagor che sale le scale del giudizio universale con una graficità tanto esagerata da diventare grottesca, ridicola; o la pretesa retorica ma abbozzata (problema di budget? Di competenza?) delle cicogne nel finale; il cardinale culinario che mostra con ingenuità disarmante il disinteresse per le cose spirituali, la nana che illustra i vantaggi della scopata piatta. Può darsi, ma il minestrone gli resta comunque sullo stomaco. il film si trascina con la pesantezza di un condannato a morte. Non può non sentire il rimbombo delle catene nel buio corridoio che porta al patibolo.
Aggiungo che le scene non dovrebbero, a mio avviso, avere ogniuna un messaggio ma semplicemente contribuire a quello del film in modo univoco e svelandolo il meno possibile, in modo che maturi fra la fine del film ed un poco oltre, come il retrogusto del vino. Che i personaggi non dovrebbero divenire la caricatura di se stessi fino al ridicolo, cosa che succede non solo per colpa dell'attore sbagliato o della recitazione ma anche a causa delle inquadrature, della luce, della macchina. Perchè non c'è un solo modo di usare la macchina da presa e quello usato né La grande bellezza è il meno indicato al tipo di film in questione.
Sorrentino ha usato lo stile maintream di tipo spionistico/militare con un soggetto completamente inadatto. Inquadrature dall'alto con la macchina perpendicolare al terreno che poi si raddrizza sono spettacolari e vanno benissimo in film come Act of valor (2012) vanno benissimo per inquadrare uno Stealth che esce di notte dall'Hangar per una missione segreta in territorio nemico. Non vanno bene per una bambina costretta a fare l'artista per intrattenere l'annoiata mondanità di Roma.
Ancora, la sequenza delle fotografie scattate dall'artista a se stesso per me crea un'atmosfera da cimitero monumentale ripreso dopo lo scoppio della bomba atomica e le fotografie sembrano quelle dei vittime dell'esplosione. Manca solo Denzel Washington...
Infine Tony Servillo. E' un bravo attore ma l'accento napoletano nel re della mondanità capitolina stride, stona nu poco.
Mi auspicavo non vincesse l'Oscar per salvare la credibilità della giuria nell'interesse di tutti ma è successo. Perciò, dopo aver visto The Broken Circle Breakdown, il candidato belga che si inventa in modo incantevole l'America nelle Fiandre, non mi resta che concludere con il ritornello di una famosa canzone di Renato Carosone.
Tu vuò fa l' americano
mmericano! mmericano!
ma si nato in Italy!
siente a mme
non ce sta' niente a ffa
o kay, napolitan!
Tu vuò fa l' american!
Tu vuò fa l' american!---
Post Scriptum. Grazie a Dio ha vinto solo quello. Leggete sotto:
The Academy defines a foreign language film as a feature-length motion picture produced outside the United States that contains primarily non-English dialogue. Films that meet these criteria are eligible for the Academy Award for Best Foreign Language Film.
They can be nominated for awards in categories other than Best Foreign Language Film provided that they have been commercially released in Los Angeles County and comply with the special rules governing those categories. http://en.m.wikipedia.org/wiki/List_of_ ... uage_films
U so anche mi che se catava e caaaaaaaase.