In quello che ho visto ieri sera ho trovato molto
senso del ridicolo, infatti, ma non era involontario perché gli intenti ironici con cui sono costruite molte sequenze, certi dialoghi e certe situazioni con interventi grafici e split-screen sono chiari espedienti per alleggerire una tensione o un imbarazzo che (ed ecco il nocciolo della questione)... non ho minimamente avvertito.
Mettici anche i cavernicoli Rammstein a ruttare la loro "Führe mich" rivisitata e il dubbio prende consistenza.
Cosa intende provocare Von Trier nel 2014, nell'era di Internet e della tv spazzatura?
A sdoganare il sesso non simulato nel cinema mainstream ci aveva pensato Nagisa Oshima già negli anni 70, ma non è nemmeno questo il punto, secondo me.
Von Trier pesca abitualmente nel torbido e non l'ho visto mai come un regista che propone materiale controverso senza chiari riferimenti ai suoi demoni personali, senza l'onestà di chi affronta la vita in maniera estremamente difficile alle prese con conflitti interiori pesanti come macigni, in questo il paragone con Bergman (anche nella teatralità tipica di quest'ultimo) è inevitabile.
Probabilmente a sfavore di Von Trier, ma ci sta tutto.
Che poi si lanci in provocazioni da linciaggio come quelle di Cannes è tutt'altro paio di maniche, lì c'è l'uomo che rivendica il diritto di dire quel cacchio che vuole, tanto si assume tutte le sue responsabilità.
Un artista realmente libero non ha paura di imbarazzare la sua audience, penso che il suo problema risieda in un esasperato narcisismo ma i suoi film parlano di lui e lo fanno nella maniera più schietta possibile, senza rinunciare a inquadrature di una bellezza folgorante come sono presenti anche in Nymphomaniac, senza rinunciare a momenti molto toccanti di fronte ai quali sarà solo lo spettatore a decidere quanto e se siano stati rovinati o esaltati dalle abbondanti chiavate che certamente non sono lì per puro caso.
Vedremo a film compiuto.
Il film di Virzì ha problemi strutturali di cui ho detto sopra ma il pregio di definire bene alcune figure non meno tipicamente italiane di quelle nel film di Sorrentino:
Avrà anche i suoi problemi strutturali, perlomeno è uscito con un certo coraggio dal terreno che lo ha visto per anni a suo agio in un genere di commedia agrodolce comunque degna del miglior Monicelli.
Meglio i passi falsi di chi si getta in qualcosa di nuovo, che le mosse calcolate (azzeccate?) di chi propone da anni la stessa zuppa.
Comunque, se 6000 persone o 6 milioni decidono che un film merita l'Oscar, mi gioco sempre il mio asso nella manica: e se si fossero sbagliati tutti devo far parte anch'io del loro gregge?