- mer, 29 gen 2020 - 16:08
#1311052
Schnabel sceglie spesso il camera a mano e un montaggio sincopato, cerca il movimento, il tratto, il gesto, l'immagine sghemba, usa filtri e fuori fuoco, insegue la frenesia con cui Van Gogh realizzava i suoi quadri, non vuole una banale mimesi della sua opera ma il senso, l'intuizione, la visione fulminante. Quando ci riesce, il film si solleva improvvisamente dal lirico torpore in cui lo fa precipitare una musica invasiva e ridondante. Ci pensa poi Jean Claude-Carrière – mica uno qualsiasi – a dare sostanza agli incontri di Van Gogh, alle sue riflessioni, alla sensazione di essere sempre sull'orlo della follia, a dialoghi notevoli come quello che lo oppone a un prete, a cui Vincent affida la parte di Pilato (visto che lui si paragona volentieri a Gesù).